In ordine crescente di aridità e calore, gli adattamenti più frequenti, a livello di fogliame, sono: l’indurimento (foglie coriacee o cuoiose) che riduce l’evaporazione d’acqua (es. alloro), l’infossamento degli stomi (aperture per gli scambi gassosi) che minimizza le perdite per traspirazione (es. oleandro), la presenza di ghiandole che emettono oli volatili che, evaporando, abbassano la temperatura (es. aromatiche), la verticalizzazione (cioè si dispongono perpendicolari al terreno) per ridurre l’impatto con i raggi solari (es. eucalipto), il rimpicciolimento (es. rosmarino), la colorazione grigia che riflette i raggi e il calore (es. santolina) così come la presenza di peli bianchi (es. stella alpina).
All’interno, la fisiologia della pianta “funziona al risparmio”, cercando di ridurre il proprio fabbisogno d’acqua, immagazzinandola in tessuti di riserva e azzerandone le perdite inutili: per esempio, alcune piante svolgono la fotosintesi clorofilliana solo di notte, proprio per non dover aprire gli stomi sotto il sole a picco.